Possedere le tecniche di una disciplina ci permette di adottare strategie ad alto livello. Nel mio precedente articolo ho presentato quattro discipline che ci permettono di comprendere come approcciare delle sessioni di lavoro concentrato. Tuttavia ognuno di noi, durante l’arco della giornata, ha dei momenti in cui, scarico di energie, sente il bisogno di farsi trascinare dall’ozio.
L’ozio è il padre dei vizi.
Probabilmente questa frase non ti risuonerà tanto estranea, magari avrà fatto parte della tua infanzia o la assocerai ad una persona a te cara. Ma cosa ha a che fare l’ozio con il mondo del lavoro? Ti stupirà sapere che la pigrizia è fondamentale per il corretto funzionamento del nostro corpo, al pari della vitamina D.
Spegnere il cervello
Se è vero che esistono metodi per dosare sessioni di lavoro concentrato e attività collaterali, dobbiamo però includere all’interno della giornata lavorativa un’altra tipologia di attività. In questo caso sarà proprio la nostra pigrizia a guidare il tipo di occupazione riservata al nostro tempo libero. Terminata, infatti, la giornata lavorativa occorrerebbe scollegare i pensieri legati al mondo del lavoro. Vietato, quindi, controllare email dopocena o ripercorrere mentalmente discussioni avute durante i meeting. Di seguito vedremo tre principali ragioni per cui è necessario spegnere il cervello.
Ragione #1: aiuta a prendere decisioni
Secondo la cultura popolare cinese non si dovrebbe mai prendere delle decisioni in momenti di estrema felicità o di estrema tristezza. In generale spesso viene citato il nostro subconscio come responsabile perfetto per prendere le decisioni in maniera distratta. Ed è proprio su questa base che nel 2006 Ap Dijksterhuis, psicologo sociale, propone la Unconscious Thought Theory.
Questa teoria prevede che per decisioni che hanno bisogno di regole ben definite è necessario coinvolgere la mente cosciente. Per eseguire, ad esempio, un calcolo matematico è necessario che la nostra mente segua pedissequamente le regole della matematica. Al contrario, per quelle decisioni che implicano una grande quantità di informazioni o contraddizioni, o vincoli, l’inconscio è più adatto per affrontare la questione. Distrarsi ed oziare permette, quindi, al nostro emisfero destro di districare in maniera del tutto naturale situazioni di per sé complesse.
Ragione #2: aiuta a ricaricare le energie
Forse sarà capitato anche a te. Quando trascorro delle ore in mezzo alla natura, che sia per un’escursione in montagna o una passeggiata al parco, ne esco sempre rigenerato. Nel 1980 due psicologi ricercatori dell’Università del Michigan teorizzarono la Attention Restoration Theory, cercando di definire l’affaticamento dell’attenzione. Per concentrarsi, infatti, sarebbe necessaria una attenzione diretta. Per dimostrare gli effetti dell’ART, nel 2008 venne condotto uno studio su due gruppi di persone: uno lasciato libero di camminare per il centro di una grande città e un altro all’interno di un bosco. L’esperimento dimostrò che il gruppo rimasto nel bosco ottenne dei risultati migliori nei successivi test di verifica. L’attenzione infatti è una risorsa finita, passeggiare all’interno di una città ne consuma una quantità importante, perché occorre essere vigili sui pericoli insiti all’interno dell’ambiente urbano. Lo stesso effetto di ricarica si può ottenere parlando con un amico o ascoltando musica, mentre l’effetto di scarica lo si ottiene, ad esempio, se perdiamo del tempo a controllare e-mail dopo cena.
Ragione #3: rimpiazza tempo non usabile altrimenti
Sono solito paragonare la nostra attenzione ad un serbatoio: le attività che richiedono concentrazione ne consumano il contenuto, le attività rigeneranti lo ricaricano. Il nostro serbatoio di attenzione ha una capienza che varia a seconda di molti fattori, come, ad esempio, genetica, età o allenamento. Al pari di un atleta, così anche un knowledge worker può allenarsi per avere un numero di ore maggiori di attenzione. Tuttavia, anche il migliore degli atleti dell’attenzione, al termine di una giornata di lavoro impegnativa dovrà ammettere che il suo serbatoio, benché capiente, si sia scaricato. Sarà, quindi, totalmente inutile cercare di affrontare questioni di lavoro per cui è necessaria ulteriore attenzione. Ne deduciamo che il tempo che dedichiamo ad attività ricreative è comunque tempo che non è usabile altrimenti.
Il rito dello spegnimento
Siamo sul posto di lavoro, il nostro serbatoio di attenzione si sta esaurendo, lo vediamo dalla spia accesa di riserva, dobbiamo terminare la sessione di lavoro e spegnere il nostro cervello. Cosa fare se abbiamo un task incompleto? Ecco due possibili soluzioni:
- Avere un piano. Prendere degli appunti su come si ha intenzione di riprendere il task il giorno successivo attraverso un algoritmo o una successione di passi.
- Catturare l’attimo. Fermare l’avanzamento del task nel momento più opportuno, in modo che tutte le condizioni a contorno si trovino in uno stato di equilibrio che sarà mantenuto fino al giorno successivo.
Come visto per i rituali anche lo spegnimento del cervello può essere accompagnato da un’attività che ne suggella la sacralità e l’importanza. Recitare una frase o riposizionare gli elementi sulla scrivania renderà tutto molto più ufficiale e darà modo alla nostra mente di assimilarla come abitudine.
Bibliografia
[1] Newport, C. (2016). Deep Work. Piatkus.