L’annuncio dell’inizio della fase1 e del relativo lockdown legato alla pandemia COVID19 ha subito suscitato in me un pensiero di particolare attenzione nei riguardi delle attività commerciali, specialmente quelle con rapporti diretti con il pubblico. Quale sarebbe stata la strategia migliore per attutire gli inevitabili danni procurati dalla mancata affluenza dei clienti? Di cosa avrebbero avuto bisogno i commercianti per fronteggiare quella che sin da subito appariva con i connotati di una crisi, forse la peggiore del dopoguerra?

Un vecchio adagio mi frullava per la testa e nella testa è rimasto per molto tempo anche mentre osservavo esterrefatto la remissività di molti imprenditori nei confronti di questa emergenza.

Se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto.

Prendiamo il caso ristoratori che è uno dei settori che più ho a cuore. Ristorante chiuso, cucine chiuse, personale di sala e clienti chiusi in casa. Cosa fare per “mandare avanti la baracca?”. I primi due punti che mi sono venuti in mente sono stati riguardo a cosa non fare:

  • NON attendere passivamente l’evolversi della situazione. Appariva chiaro a tutti che non sarebbe stato un lockdown breve e per fare il calcolo delle conseguenze dei mancati incassi sarebbe stata sufficiente la casalinga di Voghera.

  • NON fare affidamento sugli aiuti di Stato. Lo Stato può sopperire in maniera limitata e con i tempi tipici della pubblica amministrazione, nel frattempo però ci sono utenze da pagare, mutui, affitti, stipendi, ecc.

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Il passaggio successivo è pensare a quali sono le risorse che danno valore alla propria attività e le motivazioni per le quali un cliente decide di mangiare nel proprio ristorante. Compresi questi punti di partenza occorre trasformare la propria attività da “apro la serranda e attendo il cliente che passa” a “vado a cercare il cliente a casa sua”. Del resto il cliente da casa non si poteva proprio spostare!

E come fare per attirare il cliente? Di sicuro non improvvisandosi cercatore d’oro, ma rivolgendosi a professionisti del marketing con campagne mirate.

  • Take away. Il cliente torna a casa da lavoro, l’unico motivo per cui può spostarsi, viene sotto al tuo ristorante, prende il cibo che tanto ama, preparato a modo, paga e se lo porta a casa.

  • Delivery. Come diceva il vecchio adagio se il cliente non può spostarsi, prendi il tuo bel motorino e vai a consegnare tu a casa del cliente. Inizi con mezzi propri e se funziona puoi decidere se affidarti a terzi.

  • Chef a domicilio. La risorsa principale del ristorante è lo chef. Esiste un mercato di fascia alta che è disposto a sganciare bei soldini per avere un pasto cucinato da uno chef presso la propria abitazione. Mandaci il tuo chef e fai pagare il servizio a peso d’oro.

Nella mia città, effettivamente, qualche attività commerciale durante il lockdown ha iniziato ad usare il delivery tralasciando la fruibilità del servizio. Se il cliente deve usare il telefono per ordinare, deve essere chiaro che si è già persa una grossa fetta di mercato, oltre ad avere problemi di gestione con un mezzo di comunicazione non adeguato.

Anche in questo caso era sufficiente avere un sito web e chiedere ad un professionista di aggiungere un modulo ecommerce per i propri prodotti. I clienti non avrebbero trovato occupato il telefono, gli ordini sarebbero stati pagati in anticipo con carta di credito, non ci sarebbero stati problemi con la manipolazione di contanti e col resto.

Alcuni ristoratori più “illuminati”, infatti, hanno trasformato, durante il *lockdown, *il proprio ristorante in dark kitchen, una modalità già in voga in altre parti d’Europa che prevede le modalità sopra citate per la normale gestione.

Chi ha avuto modo di essere al passo con questi cambiamenti ha attutito il colpo, gli altri hanno sofferto o sono in sofferenza. Certo, si ripartirà, i ristoranti continueranno a riempirsi, ma…c’è un “ma”: i clienti si sono abituati ad una prassi. Secondo la cultura popolare cinese sono sufficienti 21 giorni consecutivi per creare un’abitudine. Durante questa emergenza usare il delivery è diventato per molti la norma, nell’Aprile 2020 il 58% degli italiani ha fatto spesa online. L’acquisto online non è da considerarsi quindi come una modalità provvisoria, ma come un servizio fisso. Chi oggi ne è provvisto sarà sicuramente avvantaggiato.

Ad ogni modo la situazione di emergenza ha causato altri numerosi mutamenti sociali e altrettante nuove abitudini, basti pensare a come è cambiato il lavoro con lo smart working, ma questo sarà argomento di un prossimo articolo.