Non tutti i lavori sono remotizzabili. Inizio con questa premessa, forse per molti scontata, perché mi trovo ancora a confrontarmi sui social con persone che controbattono con tesi semplicistiche, cercando di pontificare su quali mansioni siano compatibili con il lavoro agile. Il mondo del lavoro non é mai stato così in fermento come ora e, grazie ad un’importante spinta tecnologica, possiamo affermare tranquillamente che i ragazzi di generazione Alpha svolgeranno mansioni che non sono state ancora nemmeno immaginate. Dall’altro lato lavori ripetitivi, o a basso valore aggiunto, sono continuamente oggetto di automatismi. Quindi sì, non tutte le mansioni sono compatibili con il lavoro agile, ma il trend dei lavori remotizzabili é in costante crescita.
Fatta questa dovuta premessa, nel prossimo futuro ogni azienda dovrà giocoforza strutturarsi per poter essere full-remote compliant. L’esperienza di lavoro remoto legata al periodo emergenziale ha catapultato aziende e dipendenti nella necessità impellente di strumenti informatici che potessero permettere la comunicazione e il lavoro anche da casa. Tuttavia, la tempestività con cui le aziende hanno dovuto far fronte a tale richieste, ha impedito di concentrarsi su altri, altrettanto importanti, aspetti legati al lavoro agile.
Come ho spiegato in un mio precedente articolo: il lavoro agile uccide. Il passaggio, forzato o meno, ad una modalità distribuita, perché non più centralizzata in ufficio, ma fortemente interconnessa, induce inevitabilmente a strutturare l’azienda in maniera opportuna, ed uccidere pratiche vecchie ed obsolete. Il lavoro agile non uccide la cultura aziendale, ma la mette a nudo, rivelandone le criticità. Va da sé che, inserire il lavoro agile in un contesto scarsamente organizzato o in assenza di una vera e propria metodologia progettuale, è altamente rischioso. Ed è quello che è accaduto nella stragrande maggioranza dei casi durante l’emergenza pandemica. Quali sono allora le prime accortezze da intraprendere per poter affrontare il passaggio in maniera efficace e indolore?
Non un’eccezione, ma una (sana) abitudine
Secondo alcune teorie occorrono 21 giorni consecutivi, e senza interruzione, per trasformare un’attività in un’abitudine. Altri studi più recenti, invece, hanno dimostrato che ne occorrono 66 anche in maniera intermittente. Qualsiasi sia la vostra teoria preferita, dovete tenere conto che creare un’abitudine ha un costo. Se la frase “abbiamo sempre fatto così” vi costringe in un equilibrio statico, mettete in conto ulteriori costi per passare da attrito radente a attrito volvente. Rompere, infatti, i vecchi e consolidati schemi per abbracciare nuove pratiche ha bisogno di un effort iniziale molto importante, che tenderà, poi, a stabilizzarsi quando la macchina organizzativa sarà in moto.
Fatta questa premessa e, fissando come obiettivo l’approccio al lavoro agile, possiamo schematizzare la lista degli ingredienti per una ricetta ben riuscita:
- Studiare. Come per qualsiasi nuova “materia” il punto iniziale é lo studio dello stato dell’arte. Un mio precedente articolo raccoglie 12 spunti di riflessione come base di partenza, ad ogni modo l’obiettivo è la presa di coscienza di come lavora un’azienda full-remote.
- Pianificare. Raccolte le idee e i dubbi, occorre iniziare a stilare un piano operativo, includendo quali settori aziendali saranno interessati, quali saranno le difficoltà tecniche o organizzative. Organizzare i vari step in una timeline con milestone può aiutare a tracciare i progressi.
- Coinvolgere. Il piano operativo, sia nella sua costruzione, sia nella sua implementazione deve necessariamente essere condiviso in maniera più ampia possibile. Questo processo di apertura, permetterà ad eventuali criticità di emergere nella fase iniziale e non durante l’attuazione.
- Distruggere. Se immaginate che l’attuale modalità progettuale, ammesso ce ne sia una valida, non funzioni con la nuova modalità lavoro agile, occorrerà avere il coraggio di eliminare ogni ostacolo al cambiamento.
- Ricostruire. Si inizia dalle fondamenta dell’azienda per poi risalire ai vari settori, tutto deve essere ricostruito attraverso una progettazione agile che sia di supporto al lavoro remoto.
Come si può bene immaginare l’inserimento del lavoro agile all’interno di un’organizzazione aziendale è un processo complesso, di cui questo articolo ne evidenzia alcune criticità. Oltre ad essere ampio, è un processo continuo nel tempo, perciò non si esaurisce nell’istante in cui si è pronti per l’implementazione. Dal mio personale punto di vista non esiste lavoro agile senza progettazione agile. La decentralizzazione del team necessita di una differente organizzazione, non più basata sulle ore, ma sugli obiettivi. Lo scopo ultimo rimane quello di migliorare la produttività aziendale e minimizzare lo stress dei dipendenti.